Introduzione

La ricerca intende studiare il complesso rapporto intercorso tra il cinema e la nuova cultura dei consumi in Italia tra il 1950 e il 1973. Con “cinema” si intende l’istituzione nel suo insieme, quale apparato industriale di produzione, distribuzione ed esibizione del film, radicato in un determinato contesto storico. Con “cultura dei consumi” ci si riferisce al bagaglio esperienziale maturato da individui e famiglie a partire dall’esposizione quotidiana ai caratteristici beni di consumo delle società occidentali di secondo ’900. Si tratta di una pista degli studi cinematografici raramente battuta dalla comunità scientifica, per l’indubbia difficoltà di individuare fonti, metodologie e strumenti adatti all’esplorazione di medio periodo di un tema dal così ampio respiro culturologico. La squadra di ricercatori impegnata nel progetto, omogenea per generazione e complementare per strategie di indagine, si qualifica per la particolare sensibilità maturata nei confronti degli indirizzi storiografici che coniugano proficuamente lavoro sui testi filmici e lavoro sui contesti.

L’opportunità della periodizzazione proposta, corrispondente a ciò che Eric Hobsbawm chiama “età d’oro del capitalismo”, è motivata da due ragioni principali. La prima è che i consumi degli italiani cambiano gradualmente struttura ed entità nel periodo in oggetto, per effetto della massiccia importazione di merci e prodotti culturali americani, del sensibile incremento dei redditi pro capite e nazionale, del rapido aumento della popolazione giovanile. Nel quadro di un vistoso incremento dei consumi degli anni ’50 e ’60, le spese alimentari scendono per la prima volta al di sotto della metà delle risorse disponibili, a vantaggio di trasporti, comunicazione e cultura, igiene e salute, beni durevoli. La seconda ragione è che nel periodo in oggetto aumenta progressivamente il tasso di “commercializzazione” del sistema dei media, ovvero quantità, qualità e grado di visibilità sociale dell’offerta di prodotti di consumo da parte della pubblicità. Prima di trovare pienamente sbocco, in seguito della cosiddetta “liberalizzazione dell’etere”, a partire dalla seconda metà degli anni ’70, nei palinsesti di radio e TV private, un immaginario materialistico vario e imponente si dispiega trasversalmente, in misura proporzionale agli investimenti pubblicitari, su carta stampata, radio e TV di stato, manifesti, spazi cinematografici.

In questo scenario, il cinema partecipa alla “pubblicizzazione” dei principali beni di consumo del tempo. Da un lato, in ragione del rilievo che concede alle merci nelle proprie storie, si comporta alla stregua di una grande vetrina da esposizione. In molti casi registra il cambiamento in atto, raccontando quegli stessi prodotti che si stanno diffondendo nella vita degli italiani, ma nella mancanza di studi sul tema, di fronte all’evidenza delle marche commerciali in gran parte della produzione nazionale, non si può escludere che sulla spinta di fortunati product placement come quello della Vespa Piaggio in Vacanze romane (Wilder, 1953), anche la cinematografica italiana non abbia attuato forme di pubblicità indiretta. Dall’altro lato, in ragione dell’impiego dell’immagine degli attori da parte delle agenzie deputate alla promozione dei nuovi beni di consumo, il cinema si comporta come un grande testimonial pubblicitario. La notorietà di cui i divi beneficiano in virtù delle loro prestazioni professionali viene sempre più spesso ricercata dalla comunicazione pubblicitaria, al fine di attirare l’attenzione del consumatore, secondo un tasso di credibilità proporzionale alla coerenza tra uno specifico profilo divistico e il “mondo” della marca in oggetto.

La ricerca analizza le principali modalità attraverso le quali il cinema ha contribuito al processo di democratizzazione della cultura materiale degli italiani, negli anni di intenso sviluppo economico compresi tra il completamento della ricostruzione postbellica (1950) e la crisi energetica innescata dal brusco aumento del prezzo del petrolio (1973). In primo luogo, si studia come il cinema abbia alimentato il dibattito pubblico nazionale intorno alla diffusione massiva dei beni di consumo. In secondo luogo, si studia come il cinema abbia incoraggiato il consumo di massa attraverso le pubblicità a mezzo stampa. In terzo luogo, si studia come il cinema abbia rappresentato beni di consumo, consumatori e stili di consumo nel film di finzione. Per la loro centralità euristica, ai fini della stesura di quadri d’insieme, particolare attenzione viene dedicata: I) ai discorsi di pertinenza cinematografica che si interrogano circa il ruolo da attribuire ai consumi nei processi di sviluppo e trasformazione del Paese; II) alle pubblicità dei nuovi beni di consumo che si avvantaggiano strategicamente degli attori cinematografici a fini promozionali; III) ai film che tematizzano espressamente la penetrazione della nuova cultura dei consumi nella società italiana.