Obiettivi

Come ben spiega Peppino Ortoleva, nella società occidentale novecentesca, mezzi di comunicazione di massa ed economia di mercato sono inestricabilmente connessi; l’economia di mercato favorisce lo sviluppo di media performanti e lo sviluppo di media performanti promuove l’affermazione dell’economia di mercato. In Italia è più specificatamente negli anni ’50 e ’60 che l’industria culturale fa insieme da testimone e da traino alla penetrazione nel paese del modello statunitense di economia di mercato e alla contestuale affermazione dei consumi di massa. Se altrove la cosiddetta “età d’oro del capitalismo” (1950-1973) coincide con il periodo di massima affermazione della TV a scapito degli altri mezzi di comunicazione, il sistema dei media italiano appare omogeneo e bilanciato: controllo politico e contenimento del broadcasting di stato permettono a cinema ed editoria di mantenere ancora una sfera di influenza importante, non solo in quanto veicoli di contenuti, ma anche come protagonisti della dinamica sociale e culturale.

La comprensione del ruolo svolto dal cinema nell’affermazione della nuova cultura dei consumi dell’Italia repubblicana, nel quadro della più generale sinergia stabilitasi tra il sistema dei media nazionale e il modello di economia di mercato di marca statunitense a partire almeno dal secondo dopoguerra, è subordinata al raggiungimento di tre parziali obiettivi di ricerca: I) la comprensione del ruolo svolto dal cinema nel dibattito pubblico sul mutamento sostanziale dei consumi materiali degli italiani; II) la comprensione del ruolo svolto dal cinema nelle strategie di promozione dei prodotti di consumo attraverso le campagne pubblicitarie dell’industria culturale; III) la comprensione del ruolo svolto dal cinema nell’avanzamento della visibilità sociale dei prodotti di consumo.

Il primo obiettivo della ricerca consiste nel comprendere il ruolo svolto dal cinema nel dibattito pubblico sul mutamento dei consumi materiali degli italiani. Alle voci già studiate di intellettuali, politici ed economisti che si interrogano assai precocemente, pur con toni spesso apocalittici, sul significato dell’esplosione nazionale dei consumi, intendiamo aggiungere, prioritariamente ma non esclusivamente, il contributo largamente sottostimato dei giornalisti della stampa generalista ad ampia diffusione. In questo senso, pensiamo alla pubblicistica dei cosiddetti “rotocalchi” come al luogo tradizionale in cui i valori condivisi, le rappresentazioni sociali, gli stereotipi, lo sfondo simbolico della vita quotidiana vengono di volta in volta ridiscussi, negoziati, confermati o modificati. Oggetto di analisi saranno tanto gli spazi specificamente deputati dai periodici di informazione al fenomeno cinematografico, a partire evidentemente dalle rubriche di recensioni filmiche a cura di critici professionisti, quanto le rubriche di attualità, politica e cultura che spostano il cinema e i suoi protagonisti verso il centro dell’arena culturale del tempo.

Il secondo obiettivo della ricerca è comprendere il ruolo svolto dal cinema nelle campagne pubblicitarie dei nuovi beni di consumi. Secondo Vanni Codeluppi, la pubblicità italiana matura presto una vocazione intermediale e “connessionista”, impiegando in modo integrato tutti i mezzi di comunicazione a sua disposizione (radio, cinema, giornali, televisione, fumetto). Negli anni ’50 e ’60, comunque, è il cinema a fungere da principale riserva di storie, personaggi e stili di vita per la pubblicità. Spesso con la mediazione dell’immagine di attori assurti allo status divistico, infatti, il cinema è utilizzato per migliorare l’efficacia della comunicazione del messaggio pubblicitario, ovvero, di volta in volta, per suscitare attenzione, veicolare informazioni, far comprendere, creare coinvolgimento, trasmettere delle emozioni, stimolare delle reazioni sul piano affettivo. A questo riguardo, ci interessa anzitutto misurare l’entità di tale colonizzazione dello spazio pubblicitario da parte della cultura cinematografica. Vogliamo inoltre comprendere le funzioni a cui la cultura cinematografica assolve nell’economia discorsiva del messaggio pubblicitario. Infine, intendiamo indagare le associazioni ricorrenti tra cultura cinematografica e prodotti di consumo, con particolare riguardo per il tasso di coerenza tra il mondo del prodotto reclamizzato e il fenomeno cinematografico convocato allo scopo. Il terzo obiettivo della ricerca consiste nel comprendere il ruolo svolto dal cinema nell’avanzamento della visibilità sociale dei prodotti di consumo. Si tratta di mettere in campo una strumentazione analitica socio-semiotica per esplorare, nella produzione cinematografica italiana, quella parte del visibile deputata espressamente alla rappresentazione dei nuovi beni. Per “visibile”, si intende con Pierre Sorlin quanto appare fotografabile e presentabile sugli schermi in una certa epoca: ciò che i produttori di immagini cercano di cogliere e ciò che gli spettatori accettano senza stupore. È importante registrare l’allargamento del visibile nella direzione dei nuovi beni di consumo degli anni ’50 e ’60 perché le fluttuazioni dell’iconosfera, lungi dall’essere casuali, rispondono ai bisogni più stringenti di una società. In questa prospettiva, ci interessa indagare modalità e fini con cui le merci (e/o i loro marchi) vengono collocate all’interno dello spazio narrativo dei film, chiedendoci quanto ciò risponda a delle operazioni di pubblicità indiretta. La ricerca terrà conto, inoltre, di quella che Sorlin definisce la “cecità sociale” di un’epoca, ovvero dell’incapacità di vedere quanto non si è preparati a vedere, interrogando le immagini filmiche anche su quanto esse sembrano ignorare del panorama consumistico (o ritengono superfluo descrivere).